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Genere: storico - Anno: 1997 - Giudizio: accettabile (')

LE RESPONSABILITA' DEL PARTITO COMUNISTA NELLA STRAGE DI PORZUS
L'assassinio dei partigiani non comunisti assassinati in Friuli nel 1945 è uno degli episodi più oscuri della resistenza (e del PCI)

Il proditorio agguato e l'assassinio di ventuno persone fra le quali una donna sono il tragico epilogo di una fra le più spietate vicende della guerra civile condotta dalla parte comunista, italiana e slovena, appoggiata dalle truppe di Josip Broz, il Maresciallo Tito, contro chiunque non aderisse al loro sciovinismo e non accettasse la loro violenza di classe.
I fatti accaddero il 7 febbraio 1945 e furono poi a lungo celati e depistati fino al giugno del 1993, quando l'ex comandante e deputato comunista italiano Mario Lizzero, già commissario delle divisioni comuniste Garibaldi e Friuli, dichiarò testualmente: «Porzûs più che una colpa è stato per i comunisti un errore mostruoso».

I FATTI
Nelle Malghe di Topli Uork sopra Canebola, in provincia di Udine, comunemente note come Malghe di Porzûs, in località Bosco Romagno furono massacrati partigiani della divisione Osoppo appena giunti in ricognizione e fatti prigionieri. Furono uccisi subito il comandante "Bolla", capitano Francesco De Gregori, il delegato politico "Enea", tenente Gastone Valente, la giovane Elda Turchetti, già denunziata come spia da Radio Londra, che si era costituita al comando della Osoppo qualche tempo prima e, sottoposta a istruttoria sommaria sul posto, era stata assolta, e il giovane Giovanni Comin "Gruaro", che quel giorno era diretto alle Malghe per arruolarsi nelle formazioni della stessa Osoppo. Altri quattordici furono fatti prigionieri, condotti in pianura e brutalmente passati per le armi nei pressi di Spessa di Cividale. Fra di essi Guido Pasolini detto "Ermes", esponente del Partito d'azione, fratello di Pier Paolo Pasolini, lo scrittore comunista. A costoro vanno aggiunti altri tre partigiani trucidati nei pressi di Drenchia.
Della brigata Osoppo facevano parte, in prevalenza, cattolici, uomini del Partito d'azione, ex ufficiali e soldati del disciolto esercito italiano, altri aderenti a idee moderate e riformiste di tendenza socialista. In quel periodo operano nella zona friulana dodici battaglioni comunisti garibaldini; quattro battaglioni della divisione Natisone, che accetterà la disposizione di unificarsi sotto il comando slavo; sette battaglioni che appartengono alla Osoppo, accusati di essere in trattative, inesistenti, con i fascisti e che comunque agiscono in base alle direttive del governo nazionale del Sud e dei comandi anglo-americani.
Tre furono i sopravvissuti, poi testimoni di accusa nei procedimenti penali del 1952, 1954 e 1957, nei quali furono condannati all'ergastolo e alcuni a trent'anni i comandanti e partigiani della brigata comunista dei Gap, i Gruppi d'azione patriottica, denominata "13 martiri di Feletto": Mario Toffanin detto "Giacca", già militante nelle formazioni armate titoiste, Juro detto "Marco", Tabosso detto "Ultra" assieme ad altri 36 imputati, tutti ritenuti responsabili dell'eccidio.
A sera, dopo aver depredato le Malghe e asportato tutti i documenti e spogliati i cadaveri, gli armati dei Gap piegarono verso la zona del Collio. Furono riconosciuti e, interrogati, dissero che avevano «fatto un'operazione di disarmo di quei porci di badogliani». Il giorno dopo l'eccidio, un abitante di Porzûs scoprì casualmente i cadaveri dei trucidati e con l'aiuto di alcuni volonterosi provvide al trasporto delle salme nel paese di Racchiuso e poi a Savorgnano.

INQUINAMENTI E DEPISTAGGI
Da allora cominciò il contorto periodo dei depistaggi. Il 12 febbraio, cinque giorni dopo la strage, il Pci di Udine si dichiara impegnato a smascherare la dirigenza della Osoppo, «con una campagna sistematica per isolare quel gruppo di sciovinisti antigaribaldini, anticomunisti, antisloveni». Sempre da fonte comunista si diffonde la notizia, inattendibile perché subito smentita da testimoni oculari, che la strage è avvenuta ad opera di un fantomatico reparto di nazisti camuffati da partigiani.

L'«ALTRA» INDAGINE
Il comando della Osoppo decide invece di compiere una sua prima indagine. Intanto si fa strada una nuova versione della Federazione comunista di Udine nella quale si sostiene che l'eccidio sarebbe stato un «colpo di testa del comandante partigiano "Giacca"». Il 25 giugno 1945 viene infine presentata la denunzia della Osoppo per omicidio aggravato continuato, saccheggio, sequestro di persona, tradimento, quest'ultimo secondo gli articoli 112 e 241 del Codice penale. Vengono imputate dinnanzi alla corte d'Assise di Lucca cinquanta persone. Dopo vari rinvii, determinati da incidenti e adempimenti procedurali come l'invocazione della legittima suspicione e la riunione con altri procedimenti, ha inizio il processo.
Il 5 aprile del 1952 la corte d'Assise di Lucca commina tre ergastoli e altre pene variabili da 22 a 12 anni di reclusione per gli altri 26 imputati. Ma nell'anno 1959 la corte d'Assise di Perugia applica su tutti l'amnistia denominata di Togliatti.
Ma qual è l'atteggiamento dei vertici comunisti? In coincidenza con l'eccidio delle Malghe di Porzûs e cioè lo stesso 7 febbraio 1945, il ministro della Giustizia Togliatti aveva inviato una lettera al Presidente del Consiglio del governo del Sud, onorevole Ivanoe Bonomi, con la minaccia di «reazioni ingovernabili degli iscritti al Pci se il Comitato di Liberazione Alta Italia avesse ordinato agli italiani di prendere sotto controllo la Venezia Giulia per evitare l'occupazione jugoslava».
Va precisato che in precedenza, cioè il 24 settembre 1944, da Mosca e a nome espresso di Togliatti, Vincenzo Bianco "Vittorio" (che allora era l'alter ego di Togliatti) in una lettera aveva stabilito che tutte le unità italiane che si trovavano nel territorio friulano dovevano porsi sotto il comando del IX Corpus jugoslavo e che in relazione ai contrasti sorti tra i Gap e la Osoppo «bisognava fare repulisti in essa di tutti gli elementi fascisti e imperialisti».
L'orrore suggellò questa tragica disposizione.

Massimo Caprara
(segretario di Palmiro Togliatti, leader storico del Partito Comunista Italiano)
Fonte: Il Timone n. 45 Luglio-Agosto 2005

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